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Il bronzo di Firenze. GF Firenze De Rosa

Mettiamo subito le cose in chiaro. Non si tratta di una nuova scoperta archeologica. Il bronzo di Firenze non è una statua rinascimentale tornata alla luce nella città dell’Arte. No, è una persona in carne ed ossa e se poi qualcuno già lo consideri un “monumento” del ciclismo granfondistico, beh, ben venga. Tommaso Elettrico, a Firenze, è terzo. Torna a salire sul podio, dunque, e sempre con il fil-rouge dell’arte, dopo il quarto posto nella città del Palladio ora arriva il bronzo nella città del Brunelleschi, di Michelangelo e di Leonardo. E forse non è un caso, perché, in fondo, è il ciclismo stesso ad essere un’arte. Un’arte meravigliosa.

120 km su e giù per le colline del capoluogo Toscano, 120 km per gli ormai consueti 2000 metri di dislivello. Asperità corte ma molto dure (e di che ci stupiamo, è la stagione delle classiche, del pavé e dei muri). Tanti nomi importanti al via, che rendono la corsa estremamente nervosa.

A raccontarci la gara è la viva voce del Principe Materano, che certo avrebbe preferito ripercorrere i fasti della scorsa edizione, ma mostra comunque di apprezzare l’ennesimo podio stagionale. «La gara è andata, diciamo, bene – ha esordito con un pizzico di sana ironia – C’era una fuga di due avanti partita sin da subito, nata da una drappello più folto che si è via via assottigliato alla deviazione per il lungo».

Uno di quei due Marco Morrone, compagno di squadra di Elettrico alla Velo Club, che veste una divisa di diverso colore per mere questioni di sponsor, «Ma facciamo tutti parte dello stesso team» come lo stesso Principe tiene, puntuale, a precisare. «Io dovevo solo aspettare, nell’eventualità che la fuga venisse ripresa, di fare la mia volata». E non si tratta certo di uno strappo qualsiasi, quello su cui era posto il traguardo della Gran Fondo della città dell’Arte per eccellenza, bensì il più duro, un muro da Fiandre, per intenderci. Quella celeberrima via Salviati teatro di tante scaramucce in occasione del Mondiale di Firenze.

«Tuttavia – continua nel racconto – questa fuga non è mai stata ripresa, sia perché il duo ha preso un vantaggio notevole e sia perché dietro non si sono riusciti ad organizzare. E io stavo comodamente a guardare – aggiunge beffardo – tanto avanti c’era il mio compagno e io non dovevo, né ovviamente potevo, muovere un dito. Il livello dei corridori era molto alto, siamo arrivati in cinque sul traguardo e io sono riuscito ad impormi, regolando il gruppetto sull’erta al 20%». Terzo posto, ma non gioia piena per la Velo Club. Morrone, infatti, giunge con un lievissimo ritardo all’appuntamento con la Dea Vittoria. La quale, si sa bene, ha sempre fretta e non aspetta. «Ennesimo podio, terzo io e secondo Marco. Va benissimo così».

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E che vada bene ne siamo convinti tutti, perché per stare così, sempre davanti, ci vuole una grandissima forma e salda tenacia. Manca la corona, la soddisfazione più bella. Ma è questione di tempo e, quando arriverà, non sarà che la rimozione di un sassolino da un ingranaggio perfettamente oliato.